Rocca di Solferino Spia d’Italia
La Rocca di Solferino o Spia d’Italia è la torre che si trova all’interno del parco sulla cima della collina più alta, dove si è sviluppato il centro abitato; in posizione panoramica venne costruita nel 1220 come torre di avvistamento e roccaforte di protezione.
Nella Rocca di Solferino o Spia d’Italia si trovano cimeli che raccontano la storia del comune sin dai tempi dei Gonzaga, quando qui avevano posto la loro Zecca; sono esposte armi, oggetti risalenti alla battaglia, i busti dei generali francesi Auger e Dieu, i ritratti di Napoleone III e Vittorio Emanuele II. In cima alla torre si trova una terrazza panoramica con dei pannelli esplicativi che aiutano a riconoscere i campanili e le altre torri che si possono vedere in lontananza.
Enzo Boriani in “Castelli e torri del mantovano” ne scrive: ” Un ” Castrum Sulferini”, è nominato dal monaco Benedetto Bacchini nella sua “Storia del Monsatero di S.Benedetto” e lo stesso autore informa, inoltre, che il castello di Solferino fu donato da Umberto Conte di Parma, alla Congregazione Cluniacensi nel 1090, quando abitò per un lustro nella bresciana rocca di Manerba. Fin dal X secolo, infatti, il castello di Solferino fu baluardo di difesa delle famiglie patrizie che ne erano proprietarie. Era già costruzione militare anche quando venne raso al suolo dalle soldatesche del Gambara, che faceva parte dei vittoriosi guelfi resciani. Pure gli Scaligeri di Verona vi costruirono un castello nel 1300 che fu poi acquistato, con la Rocca eretta nel 1022 ed in cui v’è un punto che è vertice della grande triangolazione d’Italia, dai Bonacolsi di Mantova …. Sessantasi anni dopo, il castello verrà ceduto dai Veneziani ai Gonzaga, per riconoscenza di aiuti bellici ricevuti. Sotto la signoria delle quattro aquile, il maniero risorgerà più solido, agguerrito, imponente.
Nella considerazione che il corpo delle case rustiche e d’abitazione si adagiava entro due vallette divise tra loro da un’altura, questa veniva spianata e, per un tratto, vi si costruirono alte e spesse muraglie fra le quali venne eretto un nuovo e maestoso castello. Per la verità, sulle prime apparvero sul piazzale due superbi torrioni di cui si può ammirare anche oggi quello superstite. Poi la fortificazione venne completata con un palazzo, della cui magnificenza parlano ancora le fondamentae lo spazio che occupava. Nell’interno del castello si svolgeva un muro con punti magnifici, dai quali si poteva ammirare il Garda e le montagne che lo sovrastano, fra cui il Baldo, in tutta la loro incantevole bellezza.
Fra i torrioni, sarà poi eretto il teatro di Corte, che verrà però tramutato in Casa del Signore, adeguata alla popolazione. Antistante al castello, esisteva un vasto piazzale al quale si accedeva da est, passando sotto una singolare torre sormontata da una più starna cupola orientale che doveva, logicamente, data la sua vicinanza alle mura, far parte della fortezza. Punto anche questo invidiabile, veramente suggestivo per il panorama che offre dalla parte nord.
E’ facile credere che quest astorica rocca, consacrata al nostro risorgimento come “spia d’Italia”, sia di costruzione vecchia anzichè antica. Essa invece era, facendo parte del sistema fortificato, la fortezza del castello. Se venne eretta più distante e più in alto del maniero, ciò è dovuto alla conformazione del monte, il quale andando sempre più assottigliandosi dalla parte occidentale del piazzale, suggerì al costruttore il taglio della sua cima, appunto per innalzarvi la Rocca che diverrà famosa. Questo avveniva, come lo attesta una scritta che si può leggere sopra un muro della torre, intorno al 1016, data alla quale fa riscontro quella del restauro della Rocca, avvenuto nel XVII secolo.
Nuovi scavi e ricerche hanno dimostrato come a sud dei caseggiati rustici sussista ancora grande parte delle mura perimetrali del castello, se pur interrate ed in grande parte coperte da file di nane pianticelle di ottimo Tokaj; questo dimostra che il fabbricato principale sorgeva a nord e più in basso delle casette rustiche, fra cui le scuderie, e che, sgretolandosi, finì per colmarsi delle sue stesse rovine, dando l’impressione di rendere più alta la collina”.