Casa Alberghini
Passando nella parte vecchia di Gavardo si nota questo edificio dalle finiture particolari
Casa Alberghini, ce la descrive così Fausto Lechi : Notevole casa del sec. XIV con la facciata sulla strada a pianta irregolare. Tre bellissime finestre al primo piano con cornice esterna in cotto o gesso; una a tutto sesto, una ad arco ogivale e un’altra con arco a pieno centro. Hanno una decorazione policromae lo stemma degli Alberghini (d’argento a tre fasce ondate di rosso). Al piano terra tre finestre asimmetriche rispetto alle precedenti, di forma quadrata con strombatura; la prima che si incontra è più grande delle altre, con cornice in cotto, singolare e preziosa. Una canna di camino, assai sporgente, sale da terra tra la seconda e la terza finestra fino al secondo piano. Sul lato di mezzodì, piccola finestra strombata al primo piano e grande al secondo, simili a quelle della facciata principale. Girato l’angolo, verso monte vi è il portone rustico sormontato da una finestra trilobata. Sul prospetto verso il cortile un portico a quattro campate ad arco scemo con rozzi pilastri e sopra di esso, senza ordine, si aprono tre finestre ogivali grandi e una piccola ad arco semplice. Da sotto il portico, a destra, parte, con gradini a semicerchio, la scala antica. Galleria sul portico e stanze a travetti con rare tavolette dipinte; sono più conservate quelle del secondo piano con figure, animali e fiori. A piano terra una stanza a grande volta. Era di una famiglia ricca della Valle Sabbia, gli Alberghini, provenienti dal Forno d’Ono, i quali avevano casa anche in città, ma non credo di grande importanza perchè sorgeva nell’attuale via Musei a monte di S. Zeno e a mezzodì della stradetta che lambisce il teatro romano. Arrighino e Bonfachino q. Alberghino sono presenti nell’estimo del 1416. Fu loro discendente Bertolino padre di Antonio ed Aurelio e sempre denunciarono la casa “murata, coppata ciltrata et solerata in contrada Capo del Borgoa Gavardo, ed uniti vi erano cento piò circa”. Nel Seicento la casa di Brescia è di Aurelio (n. 1600) q. Andrea q. Antonio e quella di Gavardo del giudice di Collegio Bartolomeo (n. 1543) q. Giacomo. Poi sul finire di quel secolo, con Mario (n. 1661) pure Giudice Collegiato, membro attivo dell’Accademia degli Erranti e autore di poesiepubblicate in molte raccolte, la famiglia si sposta dalla Cittadella e va ad abitare in contrada Cantarane presso il palazzo Martinengo dalle Palle, abbandona Gavardo per passare alle terre più fertili di Manerbio. Mario era figlio di PaolaRodengo e marito di Dacia dalla quale non ebbe figli e la famiglia si estinse. Da allora, e son quasi tre secoli, è incominciata la decadenza di questa bella casa.