Palazzo Averoldi
Il palazzo sorge nella zona a sud delle quadre di San Giovanni, entro la cinta di mura medievali, in borgo San Nazaro, una zona a prevalenza artigianale, vicina alle mura e all’omonima porta.
Palazzo Averoldi viene costruito dal 1544 dai quattro figli di Giovan Paolo Averoldi: Giovan Andrea, Leandro, Mario e Fulgenzio; su progettazione e direzione lavori degli ingegneri Isabello Pietro e il figlio Marcantonio. La costruzione si protrae per lungo tempo e con numerose modifiche, fatto che rende difficile la chiara percezione delle forme originarie. Il corpo centrale del palazzo cinquecentesco presenta una pianta ad U con il cortile principale chiuso da un porticato coperto da crociere a cinque campate sulle ali laterali e sei su quella centrale e aperto a sud verso quelle che erano le mura cittadine. Non vi è una facciata principale e l’ingresso da nord immette sul cortile di servizio, che dava sulle stalle, le rimesse ed il fienile. Al piano terra, il corpo centrale, ha mantenuto l’assetto del XVI secolo, consistente in un appartamento composto da una serie di piccole sale a volte affrescate dal Romanino e dal Gambara, mentre il primo piano ha subito varie modifiche nel corso del XVII e XVIII secolo. Da un confronto tra alcuni documenti ed una foto del dopoguerra, sembra che solo il corpo centrale avesse due piani mentre le ali laterali dovessero fermarsi al solo porticato (Alessandro Brodini). Palazzo Averoldi all’interno, al piano terra, sembra confermata da più storici la collaborazione tra Girolamo Romanino e Lattanzio Gambara per i cicli pittorici che sono datati nella seconda metà del Seicento; al piano nobile invece le singole sale sono attribuibili singolarmente ai due maestri: la sala principale è attribuita al Gambara, mentre le due salette orientali al Romanino. Alla fine del Settecento viene rinnovato il piano nobile, inizialmente dai fratelli Giuseppe e Faustino Chizzola ed in seguito da Cesare Averoldi e, tra il 1788 ed il 1796, vi lavorano Giuseppe Manfredini e Giuseppe Teosa coadiuvati da altri artisti ornatisti (Filippo Piazza).