Abbazia di Maguzzano
L’abbazia di Maguzzano è in posizione collinare con una splendida panoramica sulla Valtenesi e sul lago lungo la strada che porta da Lonato a Padenghe; quanto si vede oggi è stata costruita alla fine del XV secolo per opera dei monaci benedettini, ma l’area ha origini romane con attestazione dei primi edifici verso il VI secolo.
L’Abbazia di Maguzzano si presenta con una facciata molto grande, di un’eleganza rinascimentale, al suo interno una pala dell’Assunta, che decora l’altare maggiore sulle volte e sulle pareti delle belle decorazioni policrome del XVI secolo. Si può ammirare una croce di rame dorato con figure simboliche. Il chiostro interno è uno dei più raffinati esempi di architettura bresciana in quel periodo. Per la storia precedente all’attuale edificio, G.P. Brogiolo ci scrive che: Un decreto emanato dal vescovo Raterio di Verona, attorno all’anno 966, ci informa che Santa Maria di Maguzzano era stata fondata da un privato che ne aveva poi fatto dono al vescovo. Ci dice anche che, dopo che gli Ungari avevano incendiato il piccolo cenobio, vi risiedeva un individuo sposato e con prole che si era attribuito falsamente il titolo di abate. Raterio, allontanato l’usurpatore, vi destinò tre ecclesiastici che vi celebrassero messa tutti i giorni. Il monastero ricompare nel privilegio che papa Eugenio III rilascia nel 1145 al vescovo di Verona, nel quale viene indicata, sembra, anche la pieve di San Zeno di Lonato. Dal 1289, tra le pertinenze del monastero, vi è anche il castello di Maguzzano, che si suppone sia stato costruito tra il 1145 ed il 1289. La riorganizzazione del cenobio viene attuata nella seconda metà del XV secolo, dapprima incorporandolo al monastero di Santa Giustina di Padova (1463), poi dal 1491 in quello di San Benedetto Po di Mantova, al quale sarà legato fino alla soppressione napoleonica del 1797. Immediatamente dopo il passaggio ai monaci di Polirone cominciarono i lavori di costruzione del momastero che in buona parte esiste ancora oggi. Il complesso comprendeva due chiostri, il primo ad oriente con la chiesa aveva funzione conventuale; il secondo era destinato alle attività produttive. Uno scavo archeologico degli anni duemila ha appurato che nell’area vi era un insediamento romano, forse in relazione alla strada che da Brescia portava a Verona, passando poco più a sud del monastero. La prima fase insediativa documentata consiste in una capanna in legno tipica dei contesti del VI-VII secolo. Successivamente, seconda fase, tra il VII e VIII secolo, viene costruito un nuovo edificio con murature in trovanti morenici. Nell’insieme queste murature sembrano disegnare un edificio residenziale con più ambienti, organizzati attorno ad uno spazio aperto centrale, presumibilmente un cortile, al centro del quale vi era un pozzo scavato nel deposito morenico. In una terza fase il complesso viene nuovamente riorganizzato con la costruzione di tre edifici con caratteristiche diverse: uno simile all’edificio precedente, suddiviso in tre ambienti di cui uno si presume fosse una cappella funeraria; nell’angolo sud ovest dell’attuale chiostro, è stata messa in luce una chiesa ad aula unica con abside semicircolare databile entro la prima metà del IX secolo; ad est della chiesa è stato scavato un terzo edificio dalla struttura massiccia interpretato come torre. Avremmo in sostanza una continuità della disposizione degli spazi edificati attorno ad un cortile centrale dalla seconda fase del VII-VIII secolo fino alla fine del XV secolo, quando tutti questi edifici vengono demoliti per realizzare il chiostro attuale.
Ospite storico di questa abbazia fu il poeta monaco benedettino Teofilo Folengo (Mantova 1491- Campese 1544), conosciuto anche come Merlin Coccajo o Limerno Pitocco, tra i fondatori della poesia maccheronica.