Castello di Drugolo
Il castello di Drugolo si trova nell’omonima frazione lungo la strada che da Padenghe porta a Bedizzole è una costruzione del X secolo, forse ad opera dei Longobardi.
Il Castello di Drugolo è a pianta quadrata munito di due torri angolari ed è posizionato su un muro che lo rialza notevolmente, ha un ponte levatoio e merlatura ghibellina; verso la fine del XIV secolo vennero ricostruite le mura perimetrali. Nella sua storia fu proprietà dei Vimercati di Milano fino al 1436, passò poi agli Averoldi di Brescia fino al 1935, ai Lanciani Rocca ed ora dei baroni Lanni della Quara.
Fausto Lechi ne scrive:”Costruito, nelle sue mura perimetrali, sulla fine del Trecento, sembra dai Griffi, una famiglila che ebbe gran parte nelle lotte cittadine di quel secolo e dei precedenti, al punto da dare il nome ad una delle fazioni, e che poi scomparve del tutto dalla scena storica di Brescia, questo castello diventò per confisca, di ragione della signoria di Pandolfo Malatesta: il quale nel 1412, disponendone liberamente, lo concesse in feudo ai Vimercati, potenti signori del milanese. Costoro però, due anni dopo si ribellarono, ed allora Pandolfo vendette il castello alla comunità di Padenghe. Ritornato, non si sa come, ai Vimercati questi nel 1436 lo vendettero a Giovanni dell’antica e ricca famiglia degli Averoldi.”
“Tra i pochi castelli residenziali esistenti integri in provincia di brescia questo di Drugolo è senz’altro il più eminente in grazia del suo buono stato di conservazione ed anche ai restauri recenti, condotti con senso di rispetto anche se non sempre fedeli al carattere rustico del “casamento”. Molte devono essere state le trasformazioni apportate all’aspetto originale: la sua storia, i vari passaggi di proprietà, le divisioni fra diverse famiglie, pur rimanendovi sempre una buona parte degli Averoldi, hanno creato una certa varietà, soprattutto nella disposizione interna dei locali. Esternamente, oggi, dopo esser stato liberato da modeste casette che si addossavano al lato verso mezzodì, si presenta in una struttura uniforme, compatta e imponente. Nella periferia molto è stato rifatto e non sempre in armonia con l’insieme: sono inoltre notevoli le due torrette colomabare che servono da ingresso al brolo. Il lato di mezzodì, che ha subito, come si disse, un buon restauro alla base, si presenta alto sul prato del pomerio che teneva luogo della fossa, che non si poteva scavare in queste colline prive di acqua. Le finestre dei vari piani sono abbastanza simmetriche ed alcuna porta un balconcino in ferro battuto, piacevoli aggiunte di secoli a noi più vicini. Il grande muro è racchiuso fra due parvenze di torri la cui delineazione “è raggiunta con l’accorgimento di enuclearne la parte superiore col noto sistema dei beccatelli e della merlatura coperta, mentre in realtà esse non dispongono di volume proprio”. Il lato a mattina presenta il ponte levatoio che si abbassa sopra una profonda fenditura fra la collina e il castello. Due finestre ai lati del ponte con davanzali scolpiti e uno stemma Averoldi, scolpito in pietra sulla fine del sec. XV, incastrato nel muro. Le finestre dei piani superiori sono ad arco a tutto sesto rialzato, quella verso lo spigolo di mezzogiorno ha un balconcino con ringhiera in ferro battuto a “pancia”. Caratteristica bella e interessante di questo lato sono le due torricelle, che potrebbero essere anche bertesche sporgenti sull’alto della rocca, continuazione delle precedenti; che sono qui ravvicinate, collegate fra loro da un breve cammino di ronda, dietro tre meerli biforcati. Erano a difesa dell’ingresso, poichè una è proprio soprastante al ponte levatoio. Dopo questo, sempre verso mattina, ha inizio una diversa struttura del muro perchè ora è sostenuto da una scarpata, che gira anche verso monte, nell’interno della quale vi erano i sotterranei e le cantine. Scomparsa la spaccatura fra il terreno e il castello la difesa anche del lato a monte si riduce a questa molto acccentuata scarpata ed è quasi nulla perchè vi passa a ridosso il terrapieno della strada sulla collina. Anche su questo prospetto le finestre aperte senza alcun ordine, secondo la necessità dei tempi, hanno gli archi di vario genere, salvo la centrale, più ampia, che accenna ad un sesto acuto. Avvicinandosi al prospetto di sera riappare la “delineazione” di una grossa torre d’angolo, con la solita merlatura coperta e le caditoie, ma senza alcuna riséga o sporgenza dal rimanente muro. Girato l’angolo si arriva ad un breve piazzale sul quale si affaccia il prospetto di ponente racchiuso, fra i due spigoli dall’aspetto di torre, possenti, bellissimi. In quello verso mezzodì si apre una finestra a balcone appena sopra il cordone della scarpata sul fossato. Anche nello spazio fra le due torri, legate fra loro da merli non più murati che indicano l’antica camminata di ronda, si aprono varie finestre e finestrelle in ordine sparso; vi sono quelle basse munite di inferriate sporgenti, ve ne è una, al centro del primo piano, con cornice in pietra lavorata, ogivale, che riteniamo di recente restauro. Di fronte, al di là del piazzale, la cappella gentililzia, buona costruzione del XVIII secolo, collegata da un basso portichetto, di costruzione più recente coi fornici a tutto sesto quasi tutti murati, che porta a locali rustici. Presso l’alto muro del castello vi è una vera da pozzo sulla quale venne incisa, forse nel Settecento, una iscrizione sconsolata.