I Longobardi
Premesso che fino ad un certo periodo le origini del popolo longobardo sono state tramandate per via orale e mescolate ad una buona dose di leggenda; le informazioni più accreditate sono quelle ricavate dalla Origo gentis Langobardorum, dalla Historia Langobardorum di Paolo Diacono e dai reperti archeologici che di volta in volta confermano o smentiscono fatti e/o supposizioni.
I Longobardi erano tra i pochi popoli germanici che riservavano tanto potere all’ assemblea di popolo, la gairethinx (assemblea delle lance o assemblea dei Longobardi che portavano le armi), visto che si consideravano un exercitus. L’assemblea delle schiere armate era dominata dai capi delle fare, dai detentori di cariche e da altri personaggi eminenti. I duces, che dopo il re erano i più importanti detentori del potere, erano insediati nella loro carica dal re, dunque «duchi di nomina», ma altri, in quanto capi di importanti raggruppamenti di truppe militari, erano arrivati anche senza il contributo del re alla loro posizione.
Come altri popoli del periodo, anche i Longobardi non erano un gruppo rigidamente omogeneo sotto l’aspetto etnico, ma nelle loro migrazioni annettevano sempre al proprio esercito frammenti di altri popoli stanziati nei territori attraversati o schiere di guerrieri che vagavano. Quel coacervo di diversi popoli, inoltre, avverti la necessità di darsi un re anche perché nel mondo di allora solo un popolo guidato da un re poteva rivendicare di essere considerato alla stessa stregua degli altri.
Verso la fine del V secolo, nell’ entrare in contatto con i Bizantini, i Longobardi svilupparono i primi elementi del sistema di governo territoriale che avrebbe poi caratterizzato la fase iniziale della loro conquista in Italia; in questo periodo si formarono presso di loro le cariche di dux e di Comes come amalgama di elementi bizantini e germanici. Da un lato dux e comes, che possiamo tradurre con grande approssimazione «duca» e «conte», erano ufficiali che seguivano l’esempio bizantino, e dall’ altro lato erano, eredità della loro origine antico germanica, i condottieri (a cui era consentito esercitare la massima violenza militare e giudiziaria) delle loro schiere organizzate in seguito personale, secondo uno schema che vedeva il dux sopra il comes, ed entrambi sotto il re.
La gens Langobardorum si era gradualmente trasformata da popolo guerriero governato da un collettivismo di impronta militare in un popolo socialmente differenziato di signori fondiari e contadini infatti, nel V secolo, essi vivevano relativamente isolati dall’ ambiente circostante come truppe di presidio in insediamenti militari organizzate in fare («associazione in marcia» che comprendeva, oltre ai guerrieri, le loro donne e tutto il popolo che non portava le armi, e perciò anche gli schiavi; la fara era la comunità di vita di una società in movimento, senza patria).
Durante il periodo della conquista la terra di cui si prendeva possesso diventava proprietà collettiva della fara mentre, nei decenni successivi, questi fondi venivano divisi tra le singole famiglie;
Dall’ inizio del secolo VII cominciarono a radicarsi nel territorio di stanziamento; il longobardo libero, insieme con la sua famiglia e ai suoi schiavi, viveva perlopiù in una sorta di fattoria, protetta da un recinto o da altri sistemi di chiusura, la curtis.
Occorre senza dubbio tenere ben presente lo sviluppo di un dato di fatto determinante, e cioè che i Longobardi in Italia costituirono sempre una piccola minoranza della popolazione, alla prevalenza numerica dei Romanici si univa la loro superiorità culturale e civilizzatrice, ma a ciò si contrapponeva l’assoluto predominio militare e politico dei conquistatori.
Il 22 novembre 643 Rotari sottopose all’ approvazione dell’esercito, riunito a Pavia, un codice in cui erano fissate le leggi del suo popolo, fino a quel momento tramandate solo oralmente. insieme al re gli iudices, quindi i duchi e i gastaldi. quel complesso di leggi, definito esclusivamente per gli appartenenti alla gens Langobardorum, venne scritto in latino permeato da un gran numero di formulazioni giuridiche longobarde. Il re fece redigere la legge per iscritto per impedire che per una manipolazione arbitraria del diritto i potenti e i ricchi del suo popolo recassero danno ai Longobardi poveri e inermi. La compilazione dell’Editto servì dunque a favorire la pace sociale. La gran parte delle norme, tuttavia, regolano la convivenza pacifica dei Longobardi, con una prevalenza di severe prescrizioni a difesa della vita e della proprietà del singolo.
Il VII secolo rappresentò un’epoca di passaggio tra la rigida separazione e una iniziale e lenta fusione tra Longobardi e Romanici, specialmente durante il regno di Liutprando, quando la quasi totalità dei Longobardi era ormai convertita al cattolicesimo. L’integrazione nello stato longobardo della chiesa cattolica, che proprio nell’alto clero era ampiamente controllata da Romanici, rivalutò la posizione dei romanici nella società.
Quando i Longobardi partirono dall’ Elba erano adoratori di Wotan mentre, quando irruppero in Italia con Alboino erano almeno in parte cristiani arianizzati. Nel VI secolo il cristianesimo era ancora estraneo alla massa del popolo longobardo, ancora fortemente impregnato dell’antica religione germanica; solo quando si stanziarono in Italia i Longobardi subirono più fortemente il vigoroso impegno missionario del cattolicesimo iniziato solamente durante il regno di Agilulfo, dalla fine del VI secolo, con la fondazione dei primi monasteri: Nel 612 fu fondato da Colombano il monastero di Bobbio e nel secolo VII i re della dinastia bavarese avevano eretto alcuni monasteri. Nel secolo VIII iniziò un’ondata di fondazioni, mentre anche i monasteri di più antica origine venivano potenziati. Negli anni Cinquanta del secolo VIII una corrente monastica che non è facile interpretare interessò tutto il regno longobardo e portò alla fondazione di numerosi monasteri nell’Italia settentrionale e centrale. La vita in un monastero offriva a una famiglia che si fosse esposta politicamente una grande sicurezza personale, mentre la possibilità di cedere il proprio patrimonio a un’istituzione dedicata a Dio o a un santo dissimulava forse il sopravvivere della base economica di questa famiglia superando tutte le catastrofi politiche.
STORIA DEI LONGOBARDI
Il Paese d’origine dei Longobardi, che al tempo si chiamava dei Winnili (combattenti, soprattutto gruppi di giovani bellicosi), è la Scandinavia (Scania).
I popoli che la abitavano, moltiplicatisi al punto da non potere ormai più vivervi insieme, si divisero in tre parti e affidarono alla sorte la scelta di quale di loro dovesse lasciare la patria e cercare nuove sedi. Il gruppo cosi designato ad abbandonare la terra natale e ad andare in cerca di paesi stranieri, si sceglie due capi, Ibor e Aio, che erano fratelli, e si mette in cammino per trovare delle terre dove poter vivere e stabilirsi.
La prima tappa di questa migrazione è «Scoringa » verso il I secolo a. C., la terra di rocce e scogli che si trova di fronte alla Scania e cioè l’isola di Rùgen.
Qui i Winnili vi si stabiliscono per alcuni anni e vengono in conflitto con i Vandali, la potenza germanica egemone nell’Europa centro-orientale. Da allora i Winnili sono chiamati Longobardi (in germanico Langbàrte) e sembra che qui abbandonino la loro vecchia religione dei Vani e diventino adoratori di Wotan, il dio degli eserciti e della guerra.
Le mete successive sono dapprima Mauringa, il paese delle paludi e degli acquitrini, che è probabilmente da cercare nella regione dei laghi del Meclemburgo occidentale e successivamente Golanda, dove hanno i primi contatti con i Germani occidentali; è assolutamente sicuro che non tutto il popolo migra e che ne rimane una parte importante in Golanda, che nelle successive generazioni diventa il Bardengau soggetto alla dominazione sassone.
Gli scrittori antichi attestano per la prima volta l’esistenza della gente longobarda negli anni attorno alla nascita di Cristo. L’anno 5 dopo Cristo Tiberio si spinge dal Lippe fino all’Elba che doveva diventare il confine dell’impero a oriente e sconfigge i Longobardi, che fuggono sulla riva destra dell’Elba, i romani però rimangono colpiti dalla ferocia e dalla rozzezza dei Longobardi, che supera addirittura quella degli altri popoli germanici. Sono poi coinvolti, con altre popolazioni germaniche, nell’ incursione nella Pannonia superiore e nella prima campagna di Marco Aurelio (167-169); rimarranno nell’ area dell’Elba fino alla seconda metà del IV secolo, anche se una parte di loro si dirige verso Anthaib, Bainaib e Burgundaib (paesi non identificati).
Tra la fine del IV e l’inizio del V secolo sviluppano una forte monarchia e si danno come re Agilmondo della stirpe dei Guginghi (tradizione fece di lui il figlio di Aio) e per sette generazioni i suoi re sono membri della famiglia di Leti (verosimile che anche nel bacino dell’Elba i Longobardi obbedissero a re, ma che le loro imprese non fossero così notevoli).
Il nuovo re Agilmondo affronta quasi subito in battaglia gli Unni, ma dapprima hanno la peggio, infatti il re viene ucciso e sua figlia fatta schiava; successivamente però il suo allievo e successore Laiamicho ne vendica la morte e conserva la libertà per il suo popolo.
Nel 487 Odoacre, che nel 476 aveva deposto l’ultimo imperatore d’Occidente e aveva poi regnato come signore d’Italia, abbatte il regno dei Rugi nella Bassa Austria a nord del Danubio ed il re dei Rugi, Feleteo cade in sua mano e trova la morte in Italia.
I Longobardi allora, tra il 488 ed il 493, guidati dal re Godeoc e poi da Claffone, si insediano, attraverso la Boemia interna e la Moravia meridionale, nella terra lasciata libera dai Rugi, la Rugilandia. Qui si stanziano per alcuni anni grazie alla fertilità delle terre. Dopo alcuni anni, sotto la guida di Tatone, nipote di Godeoc, lasciano la Bassa Austria e si stabiliscono nel Feld, termine con cui va inteso il Marchfeld a est di Vienna, facilmente a causa degli Eruli, che devono averli costretti a migrare. Si rivoltano però contro i loro dominatori e li sconfiggono in una battaglia sanguinosa, in cui Rodolfo re degli Eruli viene ucciso dal suo avversario longobardo; così i Longobardi, che si sono impossessati dell’immenso tesoro degli Eruli, accrescono considerevolmente il proprio potere, rafforzarono l’esercito introducendovi guerrieri di altre genti e diventano la forza più consistente insediata attorno al medio corso del Danubio.
E’ facile che re Tatone fosse alleato con i Franchi e i Bizantini contro gli Ostrogoti e che perciò già nei primi decenni del secolo VI si fosse sviluppata quella grande costellazione politica che da ultimo spiega il tramonto del regno ostrogoto dopo la morte di Teodorico. Vacone, nipote di Tatone, conduce una politica espansionistica straordinariamente aggressiva, sposa, una dopo l’altra, tre principesse: prima Ranicunda, dei Turingi, poi la gepida Austrigusa e infine Silinga, la figlia di Rodolfo, caduto nel 508 combattendo contro i Longobardi. Ciascun matrimonio risponde a precisi intenti politici ma Vacone stringe la sua alleanza più importante nel 530, quando dà la figlia Visegarda in moglie al re franco Teodeberto. Nel 540 Vacone muore e lascia al figlio minorenne Valtari, ma regna per lui Audoino (di stirpe gausa) che, alla precoce morte di Valtari, ne usurpa il trono e “rovescia” le alleanze del predecessore, stringe un patto con l’imperatore bizantino Giustiniano I che così dispone di vie sicure di collegamento con l’Italia e mette i Longobardi, che erano alleati con i Franchi e con i Gepidi, in contrasto con i suoi principali nemici germanici. Nel 551 i Longobardi vincono i Gepidi, con l’aiuto di Bizantini e Avari, ma in seguito Giustiniano I agevola i Gepidi per contrastare l’accresciuto potere dei Longobardi. Alla morte di Audoino, il suo successore Alboino deve accordarsi con gli Avari per sconfiggere nuovamente i Gepidi nel 567 e così avviene, visto che spariscono dalla storia ed i pochi superstiti vengono assorbiti nelle fila dei Longobardi; ma deve lasciare agli Avari le terre conquistate. Nel 568 quindi Alboino invade le pianure dell’Italia, lasciate libere dopo la guerra gotica, con il suo esercito comprendente anche Gepidi, Unni, Sarmati, Svevi e Romani delle province di Pannonia e Norico. La resistenza bizantina si rivela debole e concentrata soltanto nelle città fortificate, nell’ autunno del 568 cadono in mano dei Longobardi le più importanti città dell’Italia nordorientale: Aquileia, Vicenza e soprattutto Verona, l’antica città regia di Teodorico il Grande, che diviene il primo quartier generale di Alboino; nel 569 cade Milano. La resistenza bizantina si attesta a Pavia, che viene espugnata solo nel 572, dopo un assedio durato tre anni. Negli anni successivi i Longobardi proseguono la loro conquista discendendo la penisola fino all’Italia centro–meridionale, dove Faroaldo e Zottone, forse con l’acquiescenza di Bisanzio, conquistano gli Appennini centrali e meridionali, divenendo rispettivamente i primi duchi di Spoleto e di Benevento. Il loro ingresso in Italia ha luogo in fara e la loro conquista dell’Italia è un’impresa sanguinaria e brutale, che a molti membri dei ceti superiori e medi costa se non la vita, certo almeno la perdita dei beni. Alla fine della conquista l’Italia è divisa in Langobardia Maior (Italia del nord, ducato del Friuli e ducato di Tuscia), Langobardia Minor (ducati di Spoleto e Benevento) e terre bizantine con a capo l’Esarcato di Ravenna. Nel 572 Alboino è vittima a Verona di una congiura sostenuta da gruppi di guerrieri longobardi, dai Gepidi inquadrati nell’ esercito e agevolato da Bisanzio. I Longobardi fecero allora, in Pavia, loro re Clefi, della nobilissima stirpe dei Beleos, ma viene assassinato nel 574. Dopo la morte violenta di Clefi, i capi dei diversi schieramenti militari longobardi non riescono ad accordarsi su alcun successore, quindi per il decennio compreso tra il 574 e il 584 dominano i duces, periodo definito come interregno. Secondo Paolo Diacono tali comandanti militari, che di regola avevano fatto delle città fortificate i centri del loro potere, sono trentacinque, di cui nomina solamente i cinque più importanti nell’ Italia settentrionale, quelli di Pavia, Bergamo, Brescia, Trento e del Friuli; in quegli anni si sviluppano inoltre i due grandi ducati di Spoleto e di Benevento. L’oppressione esercitata sui Romanici, già inasprita durante il regno di Clefi, diventa ancor più gravosa: molti esponenti dei ceti superiori vengono assassinati, le chiese saccheggiate e i preti uccisi.
Nel 584 i duchi decidono che c’è bisogno di una nuova forte monarchia, sia per far fronte a Franchi e Bizantini, sia per rinsaldare il popolo; decidono quindi di eleggere Autari, il figlio di Clefi e, per dare una base economica solida alla nuova monarchia, decidono tutti di dare la metà dei loro possedimenti (che si riprendono poi espropriando le proprietà dei latifondisti e nobili romanici). Negli anni successivi, Autari sviluppa una politica interna tale da emancipare il popolo da una condizione di bande di predoni, più o meno organizzate, a gens in grado di dar vita ad uno stato.
Nel 590 Franchi e Bizantini si trovano finalmente nella condizione di lanciare un’offensiva comune contro i Longobardi, ma non ottengono una vittoria decisiva, poiché le loro operazioni non risultano adeguatamente coordinate. Nel 590 Autari sposa la principessa bavara Teodolinda, di sangue letingio, ma muore improvvisamente, forse avvelenato, il 5 settembre dello stesso anno e l’Italia si divide in due parti, che possiamo approssimativamente definire un Nord longobardo e un Sud bizantino.
Teodolinda, ancora nell’ autunno del 590, sceglie come nuovo sposo un cognato di Autari, il turingio Agilulfo, duca di Torino, un potente guerriero della stirpe degli Anawas. Nel maggio dell’anno successivo Agilulfo viene fatto ufficialmente re a Milano da un’assemblea di popolo che rispetta gli antichi rituali di elevazione al trono. Nel 590 numerosi duchi si erano uniti ai Bizantini e ai Franchi che avevano tentato la conquista italiana: ed essi non erano adesso disposti a riconoscere il potere di Agilulfo così, nella prima metà degli anni Novanta, il re ne fa giustiziare parecchi come traditori. Agilulfo e Teodolinda garantiscono i confini del regno attraverso trattati di pace con Franchi e Avari, mentre avviene un’espansione verso i territori bizantini sia a nord che a sud. Su influenza della cattolica Teodolinda, Agilulfo cerca di migliorare i rapporti con papa Gregorio Magno, tanto che, nel 603, fa battezzare il figlio Adaloaldo secondo il rito cattolico. Da poi appoggio a Colombano, missionario noto in tutta Europa per la riforma di alcuni monasteri, per la fondazione nel 612 del monastero di Bobbio.
Alla morte di Agilulfo, nel 616, lui e la moglie, avevano fatto convergere la grande maggioranza dei Longobardi in un regno sufficientemente consolidato, basato anche sulla stabile divisione del regno in ducati, guidati da duchi che erano non solo più capi di fara ma funzionari regi affiancati da funzionari minori (sculdasci e gastaldi). Agilulfo tenne conto anche della necessità di includere anche i romanici nel nuovo regno, tanto che si fece nominare “Gratia Dei totius Italiae”.
Il secolo VII è caratterizzato dalla dinastia bavarese che, con alcune interruzioni, domina sulla gens Langobardorum nel periodo compreso tra il 616 e il 712; è definita bavarese perché ha origine in Gundoaldo, fratello di Teodolinda, fuggito nel 589 dalla Baviera di fronte ai Franchi.
Dopo Agilulfo sale al trono il figlio Adaloaldo, ancora minorenne, ma Teodolinda rimane come reggente e continua ad aiutare la chiesa cattolica. La resistenza alla politica di Adaloaldo aumenta gradualmente, trovando un capo pericoloso in Arioaldo, il duca ariano di Torino, della stirpe dei Caupu, sposato con Gundeperga, sorella di Adaloaldo. Arioaldo sale al trono nel 625 ma governa per soli dieci anni morendo nel 636. Il suo successore è Rotari, ariano duca di Brescia, i cui avi erano stati degli Harudi, e prende in moglie la vedova del suo predecessore, Gundeperga. L’opera più memorabile di Rotari è la codificazione del diritto longobardo, tramandato solo oralmente, intrapresa nel 643. Rotari colpisce con brutale energia i grandi del regno che gli si oppongono, facendone eliminare molti: in tal modo garantisce la pace all’interno del suo regno che dura fino al 652. Nel 653 viene eletto re Ariperto, della dinastia Bavarese, che reprime duramente l’arianesimo. Alla sua morte nel 661 divide il regno tra i due figli Pertarito e Godeperto ma, a causa della crisi nata tra i due, il secondo chiede aiuto a Grimoaldo duca di Benevento; questi ne approfitta per eliminare Godeperto e prendere il potere al posto di Pertarito, potere che tiene in modo brillante. Alla sua morte nel 671 Pertarito rientra dal suo esilio e, tornato al potere, può perseguire con decisione il potenziamento della chiesa cattolica; incoraggia i vescovi a far ritorno alle diocesi da cui erano fuggiti e nel 679-80 l’arcivescovo Mansueto convoca un grande sinodo provinciale a Milano. In ogni regione del regno Pertarito fa costruire monasteri e chiese e, intorno al 680, conclude una pace «eterna» con Bisanzio ma, nelle regioni nordorientali del regno longobardo si costituisce un’energica opposizione al re guidata da Alachis, duca di Trento. Nel 688 muore Pertarito e sale al trono il figlio Cuniperto, che deve fronteggiare ancora le rivolte di Alachis fino al 689, quando riesce ad ucciderlo in battaglia. Nel 700 muore Cuniperto e, dopo alcune vicessitudini, sale al trono Ariperto II che, nel pieno rispetto della tradizione dei suoi predecessori agilolfingi, mantiene un rapporto ispirato a una notevole benevolenza con il papa e ricerca un rapporto amichevole con Bisanzio, ma muore nel 712 e lo sostituisce Ansprando, che a sua volta muore dopo appena tre mesi di regno. Viene eletto re il figlio Liutprando, che si dimostra un re per il quale obiettivo primario è la coesione del proprio regno e, dopo Rotari, è il più attivo legislatore del suo popolo. L’elaborazione di leggi diventa in tal modo uno strumento efficace per documentare, anno dopo anno, l’unità del popolo sotto la guida del re in quell’ importante tribunale che è l’assemblea dell’esercito; definisce se stesso «re cattolico» e i Longobardi «popolo cattolico» e contribuisce all’ istituzione di chiese e monasteri.
L’instabilità del regno e l’enorme pressione fiscale favoriscono un allontanamento tra Bisanzio e le sue province italiane così, quando nel 717 Bisanzio viene invasa da un imponente esercito arabo, Liutprando coglie l’occasione e sferra un attacco a Ravenna e Classe, mentre le truppe di Spoleto e Benevento occupano le vie di comunicazione tra Roma e i territori bizantini.
Nel 726 l’imperatore Leone emana un severo divieto di venerare immagini di Dio e dei santi, incontrando specialmente in Italia l’accanita opposizione dei credenti, tanto che papa Gregorio II si pone a capo del movimento antimperiale. Negli anni successivi Liutprando riesce, con diplomazia ed alleanze, a portare i granducati di Spoleto e Benevento sotto il suo controllo. Liutprando, grazie alle sue qualità personali e ad una organizzazione statale da lui perseguita fin dai primi anni, è il re che ottiene i maggiori risultati. Nel novembre del 741 muore Gregorio III, contrario all’ eccessivo potere di Liutprando e viene eletto suo successore il 10 dicembre 741 il greco Zaccaria, che è interessato unicamente alla restituzione di alcuni castelli.
Quando Liutprando muore nel gennaio del 744, lascia in eredità al suo nipote e successore Ildeprando un regno che, con l’effettivo controllo su Spoleto e Benevento e con l’ampliamento all’ Esarcato e alla pentapoli, ha raggiunto il suo apogeo.
Ildeprando, dopo alcuni mesi viene rovesciato dal duca del Friuli Ratchis, che si dimostra però debole, cercando il consenso della piccola nobiltà e dei romanici mentre si inimica la sua gente. I Longobardi allora eleggono re suo fratello Astolfo nuovo duca del Friuli, mentre Ratchis si ritira nel monastero di Montecassino.
Per raggiungere il suo obiettivo Astolfo necessita di un forte esercito, quindi disciplina il servizio militare a seconda delle possibilità economiche di coloro che erano soggetti agli obblighi militari.
Considerando probabili interventi dall’ esterno, fa ripristinare e rafforzare gli apprestamenti difensivi sulle Alpi. Nel 751 conquista Ravenna e riprende il controllo sui granducati di Spoleto e Benevento, a questo punto Roma si sente seriamente minacciata non solo dalla conquista dell’Esarcato e dagli attacchi alla stessa città, ma proprio dal fatto che il re era riuscito a sottomettere al proprio controllo i potenziali alleati del papa, Spoleto e Benevento.
Questa posizione di forza del re longobardo, minacciosa per il papa, non può più lasciare indifferente Pipino re dei Franchi che nel 753, alle richieste di aiuto del nuovo papa Stefano II, fa venire nel regno franco. Il 6 gennaio 754 Pipino e Stefano II stringono un patto che impegna i Franchi ad intervenire in favore del papa, cosa che avviene nell’ agosto del 754, quando Pipino muove contro Astolfo vincendolo una prima volta. In seguito, a causa di un nuovo attacco di Astolfo a Roma, Pipino torna in Italia e sconfigge definitivamente Astolfo, che perde parecchie delle sue conquiste a favore del papa, che in questo modo inizia a formare un suo stato. Astolfo nel dicembre del 756 muore in un incidente di caccia. Si fa nuovamente avanti Ratchis, ma Desiderio, originario di Brescia e divenuto duca di Tuscia, con l’appoggio del papa e dei Franchi, fa convincere Ratchis a tornare in Montecassino e si fa eleggere re. Nell’ aprile 757 Stefano II muore e viene eletto Paolo, suo fratello. Desiderio, già poco tempo dopo la sua nomina, ha ripristinato la posizione di forza del regno nell’ Italia centrale e meridionale; inoltre utilizza i monasteri per crearsi un efficiente strumento di dominio; nella città natale di Brescia il re e sua moglie Ansa fondano nel 753 il monastero di famiglia di San Salvatore, di cui diventa badessa la figlia Anselperga. Alla giurisdizione di questo monastero, dotato con eccezionale ricchezza di mezzi privati e di donazioni provenienti dal patrimonio fiscale, Desiderio sottomette altri monasteri in Lombardia, Emilia e Toscana, creando così una potente federazione di monasteri, soggetta al suo diretto intervento. Papa Paolo I avvisa più volte Pipino della pericolosità di Desiderio ma questi, visti i problemi in patria sua, tarda ad intervenire così, nel 763, papa Paolo I giunge ad un accordo con Desiderio. Accadono però due fatti che sconvolgono i piani di Desiderio: nel giugno 767 muore papa Paolo I e, nel settembre 768, muore Pipino. Tra i due figli di Pipino, Carlo e Carlomanno, scoppia un conflitto che porterà alla morte di Carlomanno nel 771, lasciando così Carlo senza rivali; quindi Carlo ripudia la figlia di desiderio, sposata qualche anno prima in un momento di convenienza politica, mentre l’anno successivo il nuovo papa Adriano I inizia a pretendere da Desiderio il rispetto dei patti e la restituzione dei territori promessi. Questo fatto spinge Desiderio a riprendere l’offensiva verso le città della Romagna con il fine di obbligare il papa a dare il riconoscimento regale al figlio di Carlomanno, fatto che metterebbe in dubbio la sovranità di Carlo. Tra il 773 ed il 774 Carlo scende in Italia e conquista Pavia, così Desiderio e sua moglie Ansa vengono chiusi in un monastero francese mentre loro figlio Adelchi trova rifugio presso i Bizantini. Carlo Magno a questo punto si fa chiamare Gratia Dei rex francorum et Langobardorum, realizzando così un’unione dei due regni, mantenendo la legislazione longobarda, ma sostituendo i conti ai duchi e facendo cessare definitivamente l’indipendenza del regno longobardo.
Informazioni storiche J. Jarnut “Storia dei Longobardi”