La Carta lapidaria
La Carta lapidaria
documento in latino inciso sulla parete del campanile di Negrar
La Carta lapidaria è scolpita in caratteri maiuscoli romani sulla parete sud del campanile di quella che fu la chiesa di San Martino, allora pieve del paese di Negrar è formata da 64 righe. Sono riportati una serie di contratti del 1166 ,dove la pieve di Negrar riscatta un vecchio censo annuale dovuto al cittadino veronese Ribaldino. Da una traduzione di Castagnetti del 1984: “dì 3 maggio 1166, in Verona, nella chiesa di San Quirico, Bella, moglie di Ribaldino del fu Odelrico Sacheto, rinuncia ad impugnare la vendita che il marito si appresta a compiere. Nello stesso giorno, neil’episcopio, alla presenza di molti testimoni, fra cui almeno quattro giudici, Ribaldino dichiara di aver ricevuto da Guizardo, arciprete della pieve di San Martino di Negrar, e dai suoi fratres – tre preti, un diacono, due accoliti, un chierico – la somma di lire 220 di denari veronesi per la vendita di 13 appezzamenti, posti nella valle Longazeria, la valle cioè di Illasi, e in altri luoghi. Nei giorno e luogo stessi e alla presenza dei medesimi testimoni, Ribaldino, con Bernardino ed Enescalchino fratelli, figli di Guanimberto, consanguineo, e i quattro figli di Capra, due presenti e due assenti, restituiscono tutti al vescovo Ognibene il feudo che detenevano dalia chiesa vescovile, consistente in lire 4, soldi 16 e moggi 9 di vino, che essi ricevevano annualmnente dalla pieve di Negrar. Il vescovo rimise immediatamente alla pieve questo censo in cambio delle terre che l’arciprete aveva acquistato da Ribaldino, le quali terre il vescovo ora assegna in feudo a Ribaldino e agli altri. L’ultimo datatto, datato 4 giugno, concerne in rinuncia al feudo gravante sulla pieve compiuta da Sina, uno dei figli di Capra, assente agli atti precedenti”. In sostanza lo scritto sancisce la rinuncia di Ribaldino e degli eredi ai suoi diritti sul comune di Negrar in cambio di altri sulla Val d’Illasi, con l’intermediazione del vescovo di Verona.