La stirpe dei Nonii Arrii sul Benaco
La stirpe dei Nonii Arrii a Toscolano e sul lago di Garda
Il Labus (Giovanni Labus) trovò menzionata in forse 40 marmi bresciani e veronesi questa famiglia tra le più insigni della colonia cisalpina per numero di clienti, per seguito di schiavi e di liberti, per splendore di attinenze, per altezza di cariche sostenute, per magnificenza nelle fabbriche e per sterminate ricchezze. Il dott. Claudio Fossati, esimio cultore degli antichi cimeli di questa terra, ricorda ben undici consoli romani fra i Nonii e tre fra gli Arrii (altra importante famiglia di origine etrusca con cui i Nonii si unirono); il solo nome delle loro ville e latifondi in Lombardia, sul Veronese, nell’Istria, attorno a Roma, nella Campania, in Calabria, in Puglia, in Africa, in Spagna, formerebbe un elenco interminabile. Sul bresciano ebbero possessi in Valcamonica, sul lago d’Idro, a S. Eufemia, Isorella, Pollicino, Urago Mella, Mompiano e nel Vico Muciano, a Lograto, ecc.
La stirpe dei Nonii
In Riviera le loro proprietà si estendevano da Carzago, Bedizzole e Muscoline fino a Castel Toblino e ad Arco nelle Valli Trentine. A Maderno dovevano tenere la proprietà del Vicus Macrinus, mutato oggi nelle due fertili ed apriche terricciole contigue di Vigole e di Marciino, i nomi delle quali ripetono, sempre secondo il Fossati, quello di Marco Nonio Macrino, padre del Console Muciano. Codesti potenti quiriti, congiunti per vincoli di sangue e di amicizia cogli imperatori di casa Flavia e con gli Antonini, dedicarono statue, lapidi, templi, sacelli a Commodo, a Settimio Severo, a Claudio Gotico con espressioni di plauso e di omaggio o finte o vere, adulando talvolta anche imperatori biechi e crudeli, nelle quali ricorre quasi sempre il nome di Benacenses. Ci piace rammentare che la stessa potente famiglia dei Nonii Arrii preponderava in Brixia dove eresse al divo Vespasiano la Basilica, la Curia e il Foro, nella piazza che richiama tuttora il suo nome tramutato nel volgare Noari.
Ci assicura il Labus (Giovanni Labus) che appunto sotto il regno del primo Imperatore (Ottaviano Augusto 27 a.C – 14 d.C) si stanziò nel bresciano la potente famiglia patrizia dei Nonii, le cui origini risalivano alla Repubblica.
Viveva allora un Publio Nonio Asprenate che l’anno 7 a. C. fu alla difesa del Reno per debellare i Germani già vincitori a Teuteburgo, quando in stuolo immenso guidato da Arminio, fecero tale strage delle tre Legioni di Quintilio Varo che Augusto andava come folle per le sale del palazzo imperiale, piangendo e implorando: «Varo, rendimi le mie superbe legioni! »; ad Asprenate, Augusto assegnò in regalo le terre della riperia benacense, inoltre, rintuzzato l’orgoglio nemico con fulgide vittorie, delle spoglie opime raccolte sul campo di battaglia arricchì la famiglia.
Assunto al Consolato nel 38 d. C. si dimostrò apertamente nemico di ogni tirannide, e cospirando contro il pazzo Caligola eroicamente cadde nel tumulto sorto per rovesciarlo.
Magnanimo quanto modesto appare Marco Nonio Macrino, compagno dell’imperatore Vespasiano in ardue imprese militari, amico di Persio e di Plinio che forse vennero a deliziarsi di questi luoghi; più tardi intimo e consigliere di Tito col quale divise i pericoli della guerra giudaica compiendo in Gerusalemme la profezia del Cristo. Dopo il nobile rifiuto di ogni onore si ritirò a vita privata nella riviera, dove legò il proprio nome a Maclino, oggi frazione di Maderno.
Scrive il Labus che Arria, moglie di Marco Nonio Macrino, « fu in Roma nelle grazie di Settimio Severo per l’amicizia che egli aveva col marito e per le ammirabili di lei qualità, assiduamente leggendo le opere di Platone di cui sommamente si dilettava, e conversando coi dotti, in specie con Galeno, il quale l’ebbe carissima. E perchè era soggetta a molti malori per modo che corse pericolo di soccombere per inerzia di ventricolo, Severo, che assieme al figlio Caracalla si dilettava di scienze mediche, le apprestò un farmaco che la guarì. La colta matrona, venuta alle dimore dello sposo in Brescia, questo la mandò a respirare le più molli aure del Benaco, ove volle dedicata una statua e un tempietto agli dei « per gratitudine d’averla rimessa in salute ».
Nel Museo di Verona un marmo, ivi portato dal Maffei nel 1745, reca questa epigrafe: « Marco Nonio Macrino – Consacrò agli – Dei conservatori – Per la salute di Arria sua ».
Poichè le ultime glorie dei Nonii giungono fino al quinto secolo è probabile che la Villa di Toscolano fosse abitata da membri dell’illustre stirpe dei Nonii fino a quel periodo. Infatti ancora nel 330 d.C. L. Nonio Vero fu correttore delle Venezie ed Istria; nel 397 d.C. Tito N. Attico fu console, e nel 445 d.C. lo fu un Tito Nonio.
La villa di Toscolano si popola di tante figure che animarono un’epopea inestinguibile, fra le quali emerge quella di Muciano, quindecemviro per le cose sacre che inizia il periodo in cui gli Arrii strinsero partentela con gli Antonini e particolarmente con Marco Aurelio, l’imperatore che ebbe in sposa Faustina, la nipote di Arria Fadilla. Un altro Marco N. figlio di Macrino fu duce in Pannonia ed accorse con le sue legioni ad acclamare imperatore il saggio e valoroso Settimio Severo, portandolo sugli scudi dopo la morte dell’istrione Commodo la cui fama venne condannata e maledetta dal Senato.
Fra gli edifici che abbellivano la Villa spiccava sfarzosamente un tempio ai Lari di Augusto, opera del primo secolo. Scavando le macerie venne infatti alla luce un architrave con la dedica « Augustibus Laribus ». Con essa i Nonii ponevano sotto l’egida imperiale i propri beni, invocandone la benevola protezione su tutta la discendenza. A questo culto presiedeva un sodalizio ricco, onorato, illustre. Molte iscrizioni rinvenute, oltreché a Toscolano, anche a Bedizzole, a Moniga, a Salò, a Tremosine accennano all’esistenza in riviera di un Corpo di Sestoviri augustali. Si rileva poi da due marmi scoperti nella villa che un Caio Valerio Mariano « Sodalis Sacrorum Tusculanorum » e il console Marco Aurelio Menofilo, distinto con la qualità di « Sacerdos Tusculani » facevano parte entrambi dell’istituto sacerdotale. L’illustre Caio Valerio Mariano ci rammenta la parentela esistente fra i Nonii Arrii, per Arria Ermionilla, e la schiatta nobilissima di Valerio Catullo, il lepido poeta che visse e cantò, al tempo di Cesare, nella penisoletta di prospetto, a Sirmio, gemma incastonata nella coppa del Benàco.