Palazzo Chizzola Portesi
Quel nobile senso di superfici distese, ampie, con aperture parche e ben delineate che ha distinto tutta la nostra architettura del sec. XVI, è chiaramente espresso in questa bella casa eretta dai Chizzola.
Palazzo Chizzola Portesi (XVI secolo): All’esterno, verso il monte, la massima semplicità in un volume, per il tempo di costruzione, abbastanza notevole: unico segno gli stipiti delle finestre in pietra ben segnati. Dopo l’androne a volta il porticato concepito già con ampio respiro come copiosamente si vedrà in Brescia nei decenni posteriori. Sono sette arcate a pieno centro che appoggiano sopra colonne doriche abbinate ma abbastanza scostate fra loro per portare una breve e bassa architrave. Gradevolissimo motivo che verrà ripetuto, con altre proporzioni, nel palazzo Chizzola ai Cappuccini due secoli dopo. Poche, come si disse, e corrispondenti alle arcate, le finestre del piano superiore. Assente il cornicione, la casa vuol essere decisamente di campagna. Vi è un’aula invece, che si protende verso mezzogiorno, che ha qualche segno di maggior ricchezza con belle finestre al solo pianterreno, un cornicione a mensole rade, e che termina con un breve porticato, sormontato da baltresca. A pianterreno vi sono alcuni locali a volta che denotano l’antica gloria, ma uno solo conserva tuttora alcune pitture della seconda metà del Cinquecento di carattere religioso, fatto non comune in quel tempo in cui erano di voga le storie pagane. Esso si trova nel lato di mattina. La volta a padiglione è divisa in molti scomparti: al centro il Padre eterno fra le nubi benedicente e in due minori riquadri alle estremità si affacciano due angeli con fare di questo mondo (è l’eterno gusto della realtà bresciana che si perpetua); agli angoli le quattro stagioni e nei tre scomparti centrali tre episodi della Sacra Scrittura: Mosè salvato dal Nilo, Giuseppe e i fratelli, il roveto ardente. In una saletta comunicante con questo ambiente un affresco del sec. XVII con la B.V. e S. Carlo Borromeo. La scala nobile si trova vicina e parallela all’androne. Al primo piano verso sera vi doveva essere il grande salone oggi tutto tramezzato; verso mattina invece si aprono ancora quattro sale, in facciata verso strada, molto facilmente servite, come i locali di sera, da una galleria sopra il portico, oggi tutta tramezzata anch’essa. Le due prime sale hanno le pareti scialbate a calce, ma riteniamo che siano frescate come le due seguenti e forse un paziente restauro potrebbe far rivivere i dipinti. la terza sala ha non solo ben conservata l’alta fascia, ma anche l’inizio della decorazione delle pareti con le teste delle cariatidi, già ripetute altrove, e parte delle specchiature dove forse sono i dipinti dei paesaggi. La fascia, fra i soliti fregi, porta allegorie di vario tipo con motti illeggibili, affiancate da stemmi di famigile bresciane, fra i quali quelli dei Bornati, dei Maggi, degli Avogadro, degli Avogadro del Giglio, dei Fisogni con tutti i colori alterati. La quarta ed ultima sala verso est ha purtroppo le pareti tutte imbiancate, ma forse anch’esse affrescate, perchè anche qui corre in alto una bella fascia ben decorata. Non vi sono stemmi, ma allegorie e motti in quantità. Si sente che comincia la mania del simbolismo e dell’ermetismo cari alle Accademie. Le allegorie sono incorniciate in casrtigli digià barocchi. fra quelle leggibili e meno oscure vi è, ad esempio, una torre col motto “SOL L’INDUSTRIA A NOI ALTARE”, poi un porticato con la sritta “CONCORDIAE AETERNAE”; nel lato est una sfera e “I QUATTRO UNITI UNA SOL FORMA APPARE”, mentre sul lato di fronte vi è una montagna con acqua zampillante e il motto “SIMUL EADEM” ed accanto “OGNI SUO EFFETTO IN NOI NATURA SCOPRE”. Tutto insieme una bella confusione.
Qui i Chizzola radunavano gli amici intellettuali del tempo. Vi è notizia di questo in una lettera di Messer Aleni indirizzata a Nicolò Tartaglia a venezia il 20 gennaio 1548 (pubblicata da Orioli). Aleni invita lo scienziato a intervenire nelle accademie che si tenevano a Rezzato in nome del “magnifico et excellente M. Jacopo Chizzola et M. Theseo Lana”. Sembra che il Tartaglia vi sia intervenuto dal marzo all’ottobre del 1549.
Palazzo Chizzola Portesi
Palazzo Chizzola Portesi – Fonti Fausto Lechi, “Dimore Bresciane, in cinque secoli di storia”