Rocca di Lonato
La Rocca di Lonato del Garda si erge sulla sommità di uno dei rilievi che domina la parte meridionale del Lago di Garda.
Rocca di Lonato è una fortificazione eretta a scopo militare e difensivo si presenta come una delle più grandi di tutta la Lombardia. La sua pianta irregolare è lunga quasi 180 metri e larga 45 metri. Sono due i corpi che la compongono: la Rocchetta, nella parte più in alto e quello che viene chiamato Quartiere Principale, in basso. Risalente al XI secolo fu costruito per difesa dagli attacchi barbarici. Nei secoli XIV e XV fu ristrutturata radicalmente nelle forme che si vedono oggi dai Visconti, Signori di Milano. Nel 1426 passò sotto la dominazione dei Gonzaga di Mantova e poi sotto la Repubblica di Venezia, nel 1827 fu venduta dal demanio austriaco a privati che ne demolirono le caserme e trasformarono la superficie interna ed esterna in terreni coltivabili. Per accedere al castello bisogna passare dalla porta restaurata che si trova sul lato meridionale dell’edificio, dotata di ponte levatoio; sulla destra dell’ingresso si apre una postierla che consentiva il passaggio di una sola persona, mentre nella parte superiore in una nicchia si può osservare il Leone di San Marco, simbolo della dominazione veneta. Prima dell’ingresso sulla destra sono ancora visibili le nicchie che ospitavano i cannoni mentre, oltrepassato l’ingresso sempre sulla destra, sono ancora visibili i resti dei locali di servizio del corpo di guardia attraverso i quali si può arrivare alla casamatta del baluardo. Percorrendo al contrario il cammino di ronda si arriva all’ingresso della Rocchetta dove al suo fianco c’è il Maschio dotato di prigione. Sul lato orientale della Rocchetta vi è la casa del Castellano, che era colui che vigilava su tutta la fortezza e ne era responsabile. Sotto questi locali si apre un grande seminterrato dove sicuramente c’erano le cantine, i magazzini, i ricoveri per i cavalli. Oggi l’interno della casa ospita il Museo Civico Ornitologico inaugurato nel 1996. Si nota un pozzo sul retro e sempre qui recentemente sono state portate alla luce delle cisterne che servivano per raccogliere l’acqua piovana.
Fausto Lechi ne descrive la storia: “Il castello di Lonato, sorto nell’età imperiale a difesa di Brescia oppure, come altri suppone, a difesa di Verona assunse, attraverso i tempi, ora l’aspetto di un “castrum” comunale ed ora quello di una fortificazione militare. Considerato il nostro assunto, ci limiteremo ad osservare il primo aspetto, che però nei secoli più recenti, si confonde col secondo. Nell’alto medioevo, costretti dalle invasioni degeli ungheri, re Berengario concedette la facoltà di “incidere vias publicas” e, nel nostro caso, fu alla comunità di Lonato che, con diploma del 13 maggio 909, concedette la facoltà di riedificare mura, torri e castello a difesa della pieve di S. Giovanni Battista e di S. Zenone. A questo punto si prospetta una questione molto interessante che viene avanzata dal Cenedella e cioè che il paese di Lonato, nell’alto meedio-evo, fosse raggruppato attorno alla chiesa di S. Zeno, un buon chilometro a nord dell’odierno castello. Il diploma di Berengario, cui si è accenneto, parla molto chiaramente quando concede ai rappresentanti della terra: “potestatem habeant Baptistae et Zenonis mart. et in loco ubicumque archipresbiter Lupus duxerit necessarium” ed inoltre “reoedificentur muri et castrum cum turribus et fortiliciis …”. Si trattava di riedificare un castello che esisteva dove sorgeva la chiesa di S. Zeno, dunque un “castrum” molto antico, forse sorto sopra un fortilizio romano posto a difesa sulla strada che da Brescia portava all’antico porto di Padenghe per giungere al Trentino e poi al Tirolo attraverso il lago. Quella astrada partiva dalle Due Porte di Ciliverghe, valicava il Chiese a Pontenove, rasentava il dosso di Monte Rosio …. e per la Bettola arrivava ai piedi della collina di S. Martino e di S. Zeno e poi, per i Barcussi, scendeva al lago. Era una strada che correva ai piedi delle colline come al solito, tenendosi discosta il più possibile dalla pianura piena di insidie nei suoi boschi e nelle sue paludi.
Il castello nuovo, quello che vediamo oggi, potrebbe essere stato costruito dopo il Mille e rafforzatodai Visconti dopo la grande rovina apportata dalle bande tedesche al soldo degli Scaligeri.
Riteniamo che tale nuovo castello medioevale fosse naturalmente di proporzioni molto ridotte al confronto della città fortificata quale ancora oggi si presenta; esso doveva consistere nella attuale rocca vera e propria alla quale doveva aggiungersi, scendendo verso sud-ovest, coiè lungo il lato pianeggiante, il nucleo del borgo fortificato: che si stendeva fra la odierna salita alla casa del podestà e la contrapposta salita verso nord-ovest ed aveva, come base, con terrapieni e contrafforti, la odierna via della Repubblica che lambisce la piazza centrale. Le dieci stradette parallele che salivano la rocca, fra le caratteristiche piccole case dei recetti, e che portano i nomi di vicoli, Bailoni, Papa, Peli, Leali, Tosi, ecc., sono la ripetizione su scala maggiore delle consimili strade che troviamo nei castelli della vicina Valtenesi. tale doveva essere quando Federico Barbarossa, in odio a Brescia, fece quelle generose concessioni al vescovo teobaldo di verona.
Il complesso castellano di Lonato, e non sapremmo come altrimenti definirlo, presenta una pianta sviluppata in modo del tutto irregolare, il cui corpo centrale è lungo circa 175 metri e largo in media 45, finché sulla punta verso occidente si riduce a 15. La struttura muraria è la solita di ciottoi di cui sono ricche le colline moreniche. L’andamento della cortina è continuo su tutti i lati, sale e scende lievemente seguendo le ineguaglianze del terreno, e soltanto in due punti è interrotto dalle due torri che prpoteggevano le porte. Non vi sono torrette per scolte, ma piuttosto dei baluardi semicircolari. La rocca vera e propria si innalza subito dopo il rivellino della porta principale che si apre quasi al centro del lato verso mezzodì, verso la città. Le mura di questo corpo si elevano sul resto della collina perchè sorgono sopra la parte più alta del colle che scende a scarpa verso il sottostante terreno, che si distacca di parecchio dalle prime case di abitazione. tutto questo terreno, libero da costruzioni, digradante da ogni lato verso il piano, isola da ogni parte il castello e serve a donargli quell’aspetto severo e attraente che, visto da lungi, è pieno di incanto. la porta principale ampia, a tutto sesto con larghe feritoie per le catene del ponte levatoio, doveva passare sotto una torre non molto alta oggi distrutta; al centro in una nicchia rettangolare il leone di S. Marco mutilato. Essa era difesa da un baluardo, invece del rivellino, che si eleva sulla destra. Vi era un’altra porta che si apriva sul lato a monte, difesa da una torre che ancora oggi si conserva in buone condizioni di pianta quadrata coronata da merli guelfi, e chiamata porta di soccorso. Secondo il cenedella venen costruita da Luchino Visconti, fornita anch’essa di ponte levatoio e da un suo rivellino che fu chiamato rocchetta. Tutto è stato distrutto quando il Demanio vendette il castello nel 1838 al signor A. Raffa. Uguale sorte subirono i locali dell’interno della rocca cioè le caserme, le prigioni, l’alloggio del castellano.
Non è rimasta che l’ampia cinta di mura accompagnata in molti tratti da una larga camminata di ronda che è un vero e proprio terrapieno di difesa. Tutta la merlatura è guelfa malgrado il non breve possesso dei Visconti e degli Scaligeri. Dobbiamo all’amorevole cura del senatore Ugo Da Como, che comperò il castello dal sig. Sivieri erede del Raffa, le molte opere di restauro per le quali l’antico fortilizio è ora salvo dalla completa rovina.